Fine marzo del ’44, il Terzo Reich occupa militarmente l’Ungheria. A Budapest, con le truppe naziste, arriva anche il Tenente colonnello delle SS Adolf Eichmann con il compito di ripulire la nazione dagli ebrei. Sul finire della seconda guerra mondiale ha inizio così una delle pagine più truci e sconvolgenti dell’Olocausto. Carl Lutz, un semplice Vice-console svizzero, decide allora di andare contro tutti: contro il temibile messo di Hitler a Budapest che incontra spesso nel suo Quartier generale, contro i suoi superiori di Berna che temono un incidente diplomatico con la Germania nazista, persino contro taluni ambienti ebraici, che non vogliono credere all’imminente tragedia.Ai perseguitati che chiedono aiuto comincia a distribuire lettere di protezione, poi ottiene l’extraterritorialità per una fabbrica del vetro, “la casa di vetro”, dove alloggiarli e proteggerli dalle SS e le Croci frecciate ungheresi.
Attraverso la diffusione del “Protocollo di Auschwitz” tenta pure di far conoscere al mondo l’orrore dei campi di sterminio. Nell’estate del ’44, sostenuto anche da svedesi, spagnoli, portoghesi e persino dal Nunzio apostolico del Vaticano, riesce a estendere l’extraterritorialità a un intero quartiere di Budapest. Nel febbraio del ‘45, dopo l’arrivo dell’Armata rossa, fonti ebraiche unghersi gli attribuiscono il salvataggio di 62mila persone, tutte miracolasamente scampate ai lager nazisti. Questa è la storia dei Lutz, insigniti qualche anno più tardi da Israele con il titolo di “Giusti tra le nazioni”.
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